Uno dei trend del 2023 è sicuramente il fenomeno fast fashion. Questo fenomeno nacque già attorno agli anni ’70, ma il termine fu coniato nel 1989, quando Zara aprì a New York Times negozi con collezioni di abbigliamento di tendenza che venivano sostituite nel giro di 15 giorni. Ora è tornato di “moda”.

Si parla infatti di fast fashion quando aziende del settore di abbigliamento realizzano abiti di bassa qualità a prezzi molto ridotti. I nomi che stanno cavalcando questa onda sono sicuramente Shein e il più recente Temu. Tanto che in fatto di notorietà le suddette marche stanno superando colossi come appunto Zara e H&M. Questo grafico rappresenta l’andamento delle ricerche dei brand negli ultimi 5 anni.

Con il fast fashion c’è una grande velocità di ricambio di nuove collezioni, che vengono continuamente riassortite, c’è grande attrazione per i consumatori, attirati dai prezzi ridotti e da un comportamento compulsivo di acquisto anche non necessario.
Fatto passare per un processo di democratizzazione della moda, che rende l’abbigliamento più accessibile a un pubblico più ampio, questa produzione di capi però ha un grandissimo e profondo impatto ambientale.

Ma come può essere che i capi siano così convenienti?

Innanzitutto per sostenere questi ritmi di produzione, la produzione di solito avviene in Paesi dove il costo del lavoro e della manodopera è molto basso e quindi dove i lavoratori vengano sfruttati e sottopagati e dove persino i bambini sono costretti a lavorare. La qualità dei materiali è chiaramente medio-bassa. I tessuti ecologici infatti sono più cari e si privilegia la riduzione di costo non tenendo conto dell’eventuale danno ambientale. Vengono utilizzate sostanze chimiche aggressive per tingere e prodotti tessuti con uso di pesticidi che inquinano i fiumi e i terreni vicini alle fabbriche.

Ma una tendenza dell’ecommerce è anche quella della sostenibilità e dell’attenzione all’ESG, cioè l’influenza che le aziende hanno su questioni ambientali, sociali e di governance, per la difesa appunto dei diritti dei lavoratori.

Alcune aziende hanno ideato delle campagne di ritiro vestiti usati in cambio di sconti sui nuovi acquisti. Altre hanno ideato collezioni con materiali riciclati o fibre naturali da coltivazioni biologiche.

Il consumatore di oggi è sempre più attento a questi aspetti e vuole avere percezione di fare qualcosa di utile per il pianeta, oltre che risparmiare.

Sarà una bella sfida di etica, anche per difendere il nostro pianeta. Chi vincerà?

Nell’attesa io so già da che parte schierarmi.

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